IL CANTAMAGGIO
II canto rituale di questua del Cantamaggio celebra l’avvento della primavera, della nuova stagione agricola che si apre ed affonda le sue radici nei riti pagani di fertilità, di augurio e di benessere per la comunità ed i singoli.
Viene cantato da gruppi di cantori “maggianti”, la notte tra il trenta aprile ed il primo maggio, casa per casa, nella classica formazione di tre elementi: organetto, triangolo, cembalo e voci maschili.
Unica eccezione nel fabrianese dove gli strumenti fondamentali di accompagnamento sono i violini popolari ed il “violone” (strumento ad arco delle dimensioni di un violoncello con funzione di basso), con l’aggiunta dell’organetto o della fisarmonica e dove il gruppo tra “canterini” e suonatori varia da un minimo di sei ad un massimo di dieci elementi.
Anche il testo del Cantamaggio (come del resto tutti i canti di questua) contiene l’invito al padrone o alla padrona di casa ad offrire dei doni alimentari, destinati al pranzo dei “maggianti”, che conclude la festa. Invito che viene ripetuto e fortemente sottolineato nell’immancabile saltarello finale di richiesta (fenomeno esclusivamente marchigiano), che normalmente chiude ogni canto rituale di questua.
La pratica di “portare l’augurio di maggio” con l’esecuzione di questo canto specifico (come la quasi totalità dei nostri antichi riti) va inesorabilmente scomparendo: ormai defunzionalizzata sopravvive nell’anconetano (ad eccezione del fabrianese dove è ricomparsa spontaneamente da una trentina di anni) solo in forma memorizzata, a causa delle trasformazioni profonde della società ed in particolare della polverizzazione della civiltà contadina.
Proprio per evitare od almeno frenare questo rapido declino, il Centro Tradizioni Popolari, il Gruppo La Macina di Canto popolare e il Comune di Morro D’Alba, con la collaborazione della Pro Morro – Pro Loco Morro d’Alba e altre Associazioni locali e l’alto patrocinio della Regione Marche, chiama a raccolta ogni anno gli autentici portatori della tradizione provenienti da tutta la regione e da quelle limitrofe, per ricantare in questo piccolo comune della Vallesina il Cantamaggio in una festa, che partendo dal significato che ha il maggio per la cultura locale, vuole rendere viva una delle nostre più autentiche tradizioni.
Con questa manifestazione il Centro Tradizioni Popolari, completa nell’arco dell’anno il totale recupero dei canti rituali di questua della cultura orale marchigiana. Il sei gennaio (festa dell’Epifania) a Montecarotto con la Pasquella; l’ultimo venerdì di marzo a Monsano con lo Scacciamarzo; la domenica delle Palme a Polverigi con la Passione; ed infine la terza domenica di maggio, a Morro d’Alba, con il Cantamaggio ed il 31, nell’ultima notte di maggio il Rogo in poiazza dell’Albero del “Maggio”.
L’ADDOBBO DELL’ALBERO
Il “Cantamaggio” di Morro D’alba, ormai come da tradizione, si apre con l’Addobbo dell’Albero del “Maggio” da parte dei bambini della locale Scuola Materna Statale. Infatti attraverso una simpatica Festa-Gioco i bambini abbelliranno ed addobberanno l’Albero del “Maggio” (simbolo di fecondità e di benessere, che nella domenica della Festa, i giovani del paese porteranno in corteo, per poi “piantarlo” in Piazza) adornandolo di nastri multicolori, ricavati da centinaia di coloratissime striscioline di stoffa. Un lavoro di preparazione che i bambini, guidati dalle rispettive maestre, portano avanti ogni anno, per diversi mesi, in vista di questa piccola-grande cerimonia d’apertura del “Cantamaggio”. La Festa-Gioco dell’Addobbo nella sua semplicità ha però un grande valore simbolico: vuole “legare” il mondo infantile a questo rito primaverile del canto rituale di questua dei portatori autentici della tradizione: un vero e proprio passaggio di “testimone” dalle mani dei bambini a quelle dei “grandi”.
(Gastone Pietrucci – Direttore del Centro Tradizioni Popolari)
IL ROGO DELL’ALBERO
Con l’ormai tradizionale Rogo in piazza dell’Albero del “Maggio”, si chiude definitivamente, con il rito del fuoco, il mese di maggio. Durante la Festa del “Cantamaggio”, i giovani di Morro D’Alba, hanno piantato il “maggio” in Piazza (cioè l’albero precedentemente adornato di fiori e di nastri multicolori dai bambini della locale Scuola Materna), dopo averlo portato in corteo per tutto il paese, accompagnato dal canto e dal suono festoso ed assordante dei numerosi ed entusiasti suonatori e cantori popolari presenti.
Così facendo, viene tramandato uno dei più significativi ed importanti riti primaverili: recare cioè con l’Albero del “Maggio” (simbolo di fecondità e di benessere), la rinnovata fecondità della natura, che a sua volta procurerà per magia simpatica, ai singoli ed alla comunità, I’abbondanza, la salute e la fortuna. Sin dall’antichità, infatti, nel maggio o majo (cioè l’albero o ramo dell’albero) si vedeva l’essenza ed il simbolo del potere germinativo e produttivo, essendo in tutto e per tutto l’equivalente vegetale del phallus. Il trarre alberi e rami dai boschi era considerato anticamente un diritto consuetudinario ed il semplice fatto di scegliere ed asportare il maggio dal bosco in paese, costituiva un atto di coraggio e di audacia compiuto dai maggiaioli per imporsi all’ammirazione ed all’attenzione delle ragazze. Ora, durante questa ultima, simpatica appendice del “Cantamaggio”, I”albero¨C66C nella Piazza Tarsetti, viene portato in corteo, alla luce delle fiaccole, attorno alle mura della ¨C67C che cingono il paese, sino alla Piazza Barcaroli, dove con una suggestiva manifestazione popolare, sarà distrutto e bruciato in un grosso rogo. A questa notturna festa di fine maggio, ultimo, spontaneo rito liberatorio e purificatore del fuoco, partecipano gruppi di autentici suonatori e cantori popolari che allietano la serata con musiche, canti e danze popolari. ¨C16C(Gastone Pietrucci – ¨C68C)