Il Castello e “la Scarpa” (1)
Una cinta muraria a forma di pentagono irregolare (XIII-XV sec.) con torrioni, alcuni a terrazza-belvedere, e il camminamento coperto conosciuto come “la Scarpa”.
Il camminamento ha iniziato a crearsi, così come è giunto a noi, quando, cessata la funzione militare del castello, verso la metà del 1600 le autorità concessero di ampliare o costruire le abitazioni appoggiandosi sopra le mura, (“… purché lassi i finestroni aperti conforme l’altri, e del resto possi incasarsi a suo commodo, essendo questo honorevolezza del luogo per poter passeggiare al coperto come nell’altri luoghi”…).
Così ha avuto origine la cosiddetta “Scarpa”, unico esempio in Italia di camminamento di ronda coperto che corre lungo tutto lo sviluppo della cinta fortificata, fiancheggiato da arcate da un lato e dai muri delle abitazioni con gli antichi ingressi dall’altro. Dagli spalti lo sguardo può spaziare libero e godere di scorci pittoreschi e insoliti sulla campagna circostante e sul mare, dalla costa senigalliese fino alle pendici del Conero, come sulle vette dal San Vicino o le prime cime dell’Appennino umbro-marchigiano fino ai Monti Sibillini.
La Porta e la Torre comunale
La Torre comunale, sormontata dalla cella campanaria, con l’orologio e il “leone rampante” simbolo della città di Jesi, a testimonianza dell’appartenenza alla sua Signoria, fu restaurata e resa come oggi la vediamo nei primi anni del 1900. Negli anni 70 del 1700 venne stravolto l’aspetto del castello nel lato che si affaccia su piazza Tarsetti: venne chiuso il fossato, ormai con acque ristagnanti e pieno di sporcizia; venne abbattuta la piccola Chiesa di S. Francesco per far posto all’attuale Porta d’ingresso al castello e collegare direttamente la strada del borgo con quella davanti a S. Gaudenzio; venne demolita la vecchia Porta, con ponte levatoio, che si trovava a sinistra dell’attuale loggiato sotto la Torre, sorto durante i restauri dell’inizio Novecento. Le piazze interne del castello si sono create con la demolizione di alcune case fatiscenti alla fine del Settecento e nel corso dell’Ottocento.
La Chiesa Parrocchiale di San Gaudenzio (2)
Situata all’interno della cinta muraria, edificata fra gli anni 60 e 70 del 1700 su progetti degli architetti Arcangelo Vici da Palazzo per la struttura muraria e Nicola Maiolatesi per gli altari (ricerca del prof. Carlo Vernelli), rappresenta un bell’esempio di architettura settecentesca. Un recente restauro ha restituito all’edificio il suo originale splendore portando alla luce le ricche decorazioni parietali e recuperando l’antico pavimento in pietra bianca e rosa del Furlo. Al suo interno, proveniente dalla chiesa della SS. Annunziata dove era esposta, l’urna contenente il corpo di Santa Teleucania, traslata nel 1985, e alcune interessanti opere pittoriche fra cui la tela “Crocifissione con Santi” (1596) di Ercole Ramazzani di Arcevia e tre pale del pittore romano Silvio Galimberti (inizio anni 20 del 1900).
La Chiesa del Santissimo Sacramento (3)
Costruita nella prima metà del ’600 dalla omonima Confraternita del SS. Sacramento. Al suo interno, un altare ligneo ricco di decorazioni e una “Madonna del Tettarello”, un plastico della Santa Casa di Loreto (XVIII sec.) in legno dipinto, sul cui tetto siedono la Madonna e Gesù Bambino che benedice, realizzati in legno e cartapesta. Custoditi all’interno anche alcuni lanternoni processionali superstiti degli arredi seicenteschi e settecenteschi.
La Chiesa di San Benedetto (4)
Alla fine del XV secolo, l’iniziativa congiunta della comunità morrese e della Confraternita di San Benedetto vollero questa chiesa che risulta edificata già nel 1512.
Nel 1884 vi fu trasferita la Parrocchia di Santa Maria del Fiore fino al 1982 quando venne affidata “pro tempore” al titolare Parroco di San Gaudenzio.
Il suo interno, decorato nei primi decenni del Novecento con opere di Marcantonio e Tarcisio Bedini di Ostra, ospita le due pale “Vergine Immacolata con il Bambino e Santi” (1595) di Ercole Ramazzani di Arcevia e “Madonna di Loreto con Santi” (1605 ca) attribuibile al pittore veneto Francesco Frigimelica, ambedue montate in sontuose mostre d’altare lignee, riccamente dipinte e dorate.
La Chiesa di Santa Maria del Fiore (5)
Caratteristica chiesa rurale, ricostruita nel 1512 sul suolo di un precedente edificio sacro risalente al ’200. All’interno, recenti saggi effettuati durante i lavori di restauro hanno evidenziato la presenza di affreschi da porre fra la fine XVII e l’inizio XVIII secolo ed altri elementi decorativi risalenti al XVIII secolo e seconda metà dell’Ottocento.
La Chiesa di Sant’Amico (6)
Costruita nel 1587, è intitolata ai Santi Simone e Giuda. Chiesa rurale in disuso e abbandonata nei primi del Novecento, ormai pericolante, è stata restaurata dopo il parere favorevole della Soprintendenza per i Beni Culturali del 1986 dalla Confraternita del Buon Gesù ricostituitasi con lo scopo di provvedere alla sua manutenzione.
Parte degli arredi della chiesa scampati ai furti furono acquistati dal Comune di Morro d’Alba che ora li custodisce.
Il Palazzo comunale (7)
L’edificio è stato costruito tra il 1763 e il 1775. Nei locali della residenza comunale sono conservate alcune opere pittoriche che un tempo erano collocate all’interno delle chiese locali. Fra queste, un’interessante pala d’altare raffigurante “L’incoronazione della Vergine e Santi” (1625 ca) del pittore di origine veneta Claudio Ridolfi e una tela di ignoto del XVII secolo con “San Michele Arcangelo”, patrono del paese.
Nella Sala Consiliare, oltre ai busti in marmo di benemeriti dell’Ottocento e parte delle tele restaurate, alcune suppellettili di arredo sacro provenienti dalle Chiese della SS. Annunziata e di S. Amico.
L’Auditorium SS. Annunziata (8)
Spazi suggestivi ricavati dai locali dell’ex Chiesa della SS. Annunziata, eretta nel 1670 e chiusa nel 1972 a causa del terremoto, è conosciuta anche come Chiesa di Santa Teleucania perché dal 1836 al 1985 ha custodito l’urna con il corpo della Martire. Con la ristrutturazione del 1997, la sala superiore, un tempo dedicata al culto, è stata destinata ad Auditorium per conferenze, eventi e spettacoli, mentre i sotterranei sono stati riadattati per ospitare mostre ed esposizioni (attualmente ospita una mostra del fotografo senigalliese Mario Giacomelli). Nella sala superiore sono ancora presenti tre tele di autori ignoti (XVII – XVIII sec.) che ornavano il locale sacro.
Il Museo “Utensilia” (9) e le Grotte del Castello
Nei sotterranei del palazzo comunale, con ingresso lungo il camminamento “la Scarpa”, la nuova sede del Museo della Cultura Mezzadrile ospita una raccolta ragionata della vita e dei mezzi produttivi dei mezzadri della zona.
L’esposizione presenta una selezione degli attrezzi creati dalle mani degli stessi contadini per il lavoro nei campi, la casa, e gli animali, in diverse sale tematiche che narrano e definiscono materie prime, tecniche di costruzione, lavorazioni e manufatti tipici del mondo mezzadrile.
Inoltre, qui, il complesso organismo del castello offre altri motivi di interesse nelle strutture sotterranee che si trovano al suo interno: una fitta rete di grotte, spesso collegate tra loro da gallerie, costituisce un vero e proprio paese sotterraneo che percorre l’intero camminamento e si dirama verso il centro del fortilizio creando stanze più o meno grandi che vengono illuminate da piccole “finestrelle” di aerazione visibili dalle mura esterne della scarpata.
All’interno del Museo trova posto anche il “Compiano”, un pezzo di artiglieria da montagna ricevuto dal Ministero della Guerra nel XIX secolo in cambio di alcuni pezzi di artiglieria: la “bombarda di Morro” in ferro battuto del XIV secolo, il più antico esemplare conosciuto, e alcuni mascoli di spingarda del XV secolo, oggi tutti conservati presso il Museo Storico Nazionale di Artiglieria di Torino.
La Fontana (10)
La fontana, inaugurata nel 2000, è arricchita da una stele in travertino con il graffito di un artista contemporaneo di fama internazionale, uno dei massimi esponenti della Transavanguardia: Enzo Cucchi, nato a Morro d’Alba e che, quale omaggio alla sua terra, proprio in quest’opera ha voluto ricordare le sue origini legate al mondo naturale e domestico della campagna morrese.
Sul retro della stele, alcuni versi dei giovanissimi F. O. (5^ elementare) e M. R. (2^ media) con i quali hanno vinto il concorso indetto nel 1999 dal Comune di Morro d’Alba fra tutti gli alunni morresi dei due cicli scolastici:
« Lacrima amabile, giammai di pianto,
dolci colline, castello e Scarpa
di Morro d’Alba lor sono il vanto:
melodie celesti, il suon di un’arpa. »