Fino alla metà dell’Ottocento, il paese era conosciuto con il solo nome “Morro”: un toponimo che deriva forse dal termine di origine preromana “murr” o “moor” con significato di altura, roccia, cumulo o mora di sassi, diffusosi nella toponomastica di età medievale.
Sorto attorno al suo castello, un piccolo nucleo storico racchiuso in una cinta muraria quattrocentesca dalle alte cortine a scarpata su cui si ergono sei torri pentagonali, mostra uno dei paesaggi tipici delle Marche dove le coltivazioni ordinate e i colori cangianti secondo le stagioni sfumano fino all’azzurro del mare, mentre sullo sfondo opposto, le fa da cornice la catena degli Appennini.
Terre che hanno visto insediamenti nel periodo dell’espansione dell’impero romano, testimoniati dai ritrovamenti di resti di almeno due ville romane (I – II sec. d.C.) sulle alture della contrada S. Amico e dal medaglione aureo raffigurante il Re ostrogoto Teodorico (l’unico esemplare a conio trovato in Italia e, senz’altro, l’unico in assoluto recante l’immagine frontale del re, dal 1923 conservato a Roma presso il Gabinetto Numismatico del Museo Nazionale Romano) rinvenuto nella stessa località in una tomba scoperta nel 1894 nelle vicinanze della sorgente d’acqua “Fonte del Re”. Ma, con frammentarie attestazioni, era già abitato anche in epoche precedenti, malgrado la sua esistenza storiografica sia accertata solo attorno all’anno Mille, quando compare come “curtis” in un atto imperiale di Federico I “il Barbarossa” e, successivamente, come “castrum” in un documento del 1213.
Per secoli conteso fra Jesi (la romana “Aesis”) e Senigallia (“Sena Gallica”) (per brevi periodi anche sotto il controllo dei Malatesti di Rimini), la centralità della sua posizione tra costa ed entroterra, ha sempre rivestito grande importanza strategica e, tuttora, funge da luogo di scambio di culture tra quella prettamente mercantile-marinara del Senigalliese e quella tipicamente agricola-collinare della Vallesina. Sempre tra Jesi e Senigallia, tanto che ancora oggi continua a dipendere dalla Curia di Senigallia, mentre nella giurisdizione civile fa parte del mandamento di Jesi.
Per lungo tempo ha subito assalti e saccheggi, occupazioni, distruzioni e ricostruzioni e ha condiviso le vicissitudini di molti castelli della zona sotto il dominio di Jesi. Passato alla stretta dipendenza dello Stato Pontificio, nel 1861, con l’Unità d’Italia, ebbe la sua autonomia e nel 1862, con una delibera del Consiglio comunale, al toponimo fu aggiunto il termine “Alba” per evitare omonimia con altri Morro dell’Italia, ma, certamente, anche per ricordare l’incameramento, in epoca medievale, dell’antico e prestigioso castello di Albarello.